mercoledì 21 agosto 2019

La zecca di Lodi - 6^ parte

Cari amici di Lausfil,  
continua il chiarimento, alla luce della discussione pubblicata sul sito internet https://www.lamoneta.it circa le “Monete per Lodi”.

Questa seconda parte riguarda la presunta monetizzazione di Fissiraga tra l’XIII e il XIV secolo.   

Seguono gli estratti di tale discussione, citando per correttezza i riferimenti e gli autori (di cui conosciamo solo il nickname).

1° compendio 
Questo è un post (il n. #3) a cura di “Teofrasto”, pubblicato sul sito internet https://www.lamoneta.it/topic/115814-monete-per-lodi/ nella discussione “Monete per Lodi”. 
Teofrasto cita la scheda di M. Bazzini relativa alla voce “Lodi” in Lucia Travaini, “Le zecche italiane fino all'unità, tomo I, pp. 732-784”.

(La parte riguardante la zecca di Lodi nel periodo 1239-40 ed il 1250 circa è già stata pubblicata nel post del 21 agosto 2019 di Lausfil “La zecca di Lodi - 5^ parte).

Lodi (Lombardia) [v. Piacenza] M. Bazzini

Besana e Caretta [1955b] ammettono una ulteriore emissione monetaria a nome di Antonio di Fissiraga, signore di Lodi negli anni tra il XIII ed il XIV secolo. L’asserzione si basa su quanto riportato dallo storico lodigiano Alessandro Ciseri, vissuto nel XVIII secolo, in una sua opera, nella quale egli afferma di aver visto personalmente monete del Fissiraga, recanti su di un lato il proprio stemma araldico. La notizia non ha finora trovato ulteriori conferme e non è improbabile una svista dello scrittore settecentesco, che potrebbe anche aver inventato la notizia a scopo adulatorio nei confronti dei discendenti del Fissiraga. Bazzini [2006, p. 381 ss.] ha ipotizzato che, se effettivamente esistenti, tali monete si debbano attribuire non ad Antonio Fissiraga I, ma ad un suo omonimo discendente, quell’Antonio Fissiraga II che per pochi mesi fu signore di Lodi all’inizio del secolo XIV.

2° compendio 
Da: Rivista Italiana di Numismatica e scienze affini fondata da Solone Ambrosoli nel 1888, edita dalla Società Numismatica Italiana in Milano Vol. CVII 2006 

Marco Bazzini: 
Monete d’argento lombarde nella lista Camaiani (secolo XV) 

Lodi 

<…> Ciò mostra come non dovesse essere particolarmente complicato attivare una zecca di medie dimensioni. Nulla vieta dunque di ipotizzare l'apertura di un'officina a Lodi, sapendo inoltre come "nel caso di piccole zecche [potessero bastare] locali modesti e attrezzature minime" (31). Alessandro Ciseri, storico lodigiano vissuto nel XVIII secolo, affermò di avere personalmente visto monete d'argento recanti nel campo l'arma gentilizia della famiglia lodigiana dei Fissiraga. Egli attribuì tali monete ad Antonio Fissiraga, dominus di Lodi a cavallo tra XIII e XIV secolo, fino al 1311 (32). Ad oggi non sono note monete con le caratteristiche descritte da Ciseri (33), ma se esse esistessero veramente non sarebbe possibile attribuirle ad Antonio Fissiraga per il fatto che nel periodo in cui egli visse i tempi non erano pronti per un'affermazione così manifesta di potere autonomo. Le grandi signorie che si instaurarono nel Veneto e nella Lombardia, a Verona, Milano, Mantova, ecc., dopo la morte di Federico II (1250), non emisero monete riconducibili in qualche modo a loro o alla loro autorità. Solamente dopo il primo decennio del Trecento Bonacolsi, Visconti, Scaligeri, cominciarono ad inserire nelle legende o nei campi nomi o stemmi propri (34). Mi sembrano quindi da escludere emissioni personali di quell’Antonio Fissiraga. Esse potrebbero però appartenere ad un suo discendente e omonimo: quell'Antonio II che nell'estate del 1403 fu acclamato anch'egli signore di Lodi come già il suo avo, governando la città per pochi mesi soltanto (35)
Note:
(31) TRAVAINI 2001, p.79; anche per tutta la problematica riguardante le sedi di zecca nel medioevo italiano. 
(32) CISERI 1732, p. 214, riportato da BESANA, CARETTA 1955b, p.49, i quali propongono una ricostruzione della moneta rifacendosi a quanto descritto dal Ciseri stesso. L'arma gentilizia dei Fissiraga era d'azzurro a tre bande d'argento arcuate, col capo d'Angiò. Per notizie su Antonio Fissiraga si veda GROSSI 1985. 
(33) Quanto scritto dal Ciseri può forse essere stato dettato da una certa piaggeria nei confronti degli ultimi discendenti del nobile lodigiano Si veda, per esempio, ciò che scrive RIZZOLI 1908 su un presunto privilegio di monetazione ottenuto dalla famiglia padovana dei Basilii e ricordato in una cronaca manoscritta del XV secolo. 'BESANA, CARETTA 1955b, p. 49, ritengono comunque la notizia del Ciseri "non sospetta". Ancora in uno studio recente il CARETTA 1983, p. 98, parla di "brevi emissioni di Antonio Fissiraga". 
(34) I primi Scaligeri che governarono Verona non posero mai sulle monete simboli o insegne che potessero far risalire apertamente a loro. Solamente al tempo di Cangrande (signore dal 1311 al 1329) si ebbero emissioni di grossi sui quali compariva il simbolo della scala (SACCOCCI 1995, passim; Io. 1988, passim). A Milano le famiglie (della Torre e Visconti) che si succedettero al potere dopo il 1250 non batterono monete riconducibili a loro in modo esplicito prima delle emissioni di Azzone Visconti (signore tra il 1330 ed il 1339). I Bonacolsi, 
signori di Mantova, emisero il grosso tirolino con il loro stemma nella legenda non prima del 
1311, sebbene fossero padroni della città già dagli ultimi decenni del Duecento (Io. 1996, pp. 153-154). 

(35) Per le vicende storielle di questo periodo si veda PEVIANI 1986, pp. 45-48; SAMARATI 1990, p. 235. È proprio a partire dall'inizio del Quattrocento che si consolida, da parte di chi detiene il potere in una città, la prassi di battere moneta a proprio nome, a volte senza possederne i requisiti giuridici per farlo. Nella sola Lombardia emettono moneta, pur non avendo ricevuto alcuna precisa concessione in proposito, i signori di Brescia (Pandolfo Malatesta, signore tra il 1404 ed il 1421), Crema (Giorgio Benzoni, signore tra il 1405 ed il 1414), Como (Franchino II Rusca, signore tra il 1408 ed il 1412), Cremona (Cabrino Fondulo, signore tra il 1413 ed il 1420), Monza (Estere Visconti, signore tra il 1407 ed il 1412) e quasi certamente quello di Cantù (Ciampicano Visconti, signore tra il 1407 ed il 1412). A Brescia, Corno e Cremona una zecca era sì esistita in precedenza, ma all'inizio del Quattrocento risultava essere inoperante oramai da molti decenni. In tutti gli altri casi si trattò di costituirla ed attivarla di sana pianta. Alcuni dei personaggi qui citati possedevano il titolo di vicari imperiali e non si può dunque escludere che si sentissero autorizzati a battere moneta a loro nome pur non avendo ricevuto in tal senso alcuna esplicita autorizzazione. Si tratterebbe comunque, io credo, sempre dell’usurpazione di un diritto che, almeno teoricamente, spettava ancora all'im- peratore. A questo proposito cfr. quanto rilevato da PALLASTRELLI 1874, pp. 248-249, con bibliografia precedente. 

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